Ansia per la guerra
Ansia per la guerra
Le conseguenze psicologiche del conflitto russo-ucraino
La popolazione moderna, per lo meno in Occidente, non è più abituata a scenari di guerra in Europa (o alle sue porte) come il conflitto Russia-Ucraina; come se le guerre, soprattutto quelle combattute sul campo con bombe, carri armati, missili, fossero un qualcosa che appartiene al passato, un brutto ricordo relegato al secolo scorso.
Studiandole sui libri di storia come eventi lontani nel tempo, ci eravamo ormai abituati al fatto che le guerre fossero un problema caratteristico delle popolazioni più povere e sottosviluppate, una criticità che riguarda paesi molto lontani da noi.
Il conflitto russo-ucraino ci dimostra invece che la guerra sul campo, con combattimenti, morti e feriti fra militari e civili, esiste ancora e si svolge alle porte di casa nostra.
L’uomo non impara dalla sua storia (nonostante la studi) e tende ad essere un soggetto irrazionale, con scelte basate più sulle emozioni che su analisi razionali, come ben ci ha dimostrato lo psicologo Daniel Kahneman, vincitore del Premio Nobel per l’economia nel 2002, grazie alla ricerca psicologica sulla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza.
E’ quindi normale che all’interno della popolazione si stia diffondendo un senso di incredulità e destabilizzazione psicologica; questa guerra infatti mette in discussione quel credo popolare secondo cui la Seconda Guerra Mondiale sarebbe rimasta l’ultima e che da li in poi ci sarebbero state solo negoziazioni diplomatiche.
Ci siamo invece dimenticati che eserciti e schieramenti sono sempre esistiti per la difesa (che presuppone che qualcuno svolga il ruolo dell’attaccante).
La storia ci insegna come le guerre non abbiamo mai risolto problemi ma generato fratture e seminato odio e germe della vendetta per nuovi conflitti futuri.
La gestione dell’ansia e del senso di impotenza
Come possiamo gestire un’ansia fisiologica, giustificata dagli eventi che accadono realmente intorno a noi?
- Un primo suggerimento è gestire le informazioni che ci giungono tutti i giorni dai media: per noi il mondo è quello che ci viene descritto dai media per cui se tutto il giorno siamo collegati alle notizie e seguiamo le vicende militari come se fossimo dei generali sul campo, rischiamo di pensare che il mondo in questo momento sia solo guerra, distruzione, morte sofferenza (il nostro cervello crede alle informazioni a cui viene esposto quotidianamente).Dobbiamo invece limitare l’accesso ai media a pochi momenti di aggiornamento (3-4 massimo al giorno) e legittimarci ad informarci su altro, tenendo conto che stanno accadendo anche cose belle nel mondo, indipendentemente dalla guerra.
Dunque maggiore spazio alle belle notizie per evitare una scia di catastrofismo legato a guerra, crisi economica, Covid. - Di fronte poi alla sensazione di impotenza, soprattutto in relazione alle condizioni di sofferenza dei profughi, è importante non rimanere immobili e cercare di non cadere nel “congelamento emotivo”; è necessario adottare un atteggiamento pratico e domandarsi “cosa posso fare io di concreto in questa situazione senza pretendere di essere il salvatore del mondo?”.
Un aiuto economico, la disponibilità di ospitare profughi quando raggiungeranno nelle nostre città, le azioni di supporto alle associazioni di volontariato: questi sono tutti gesti in cui il nostro aiuto si può esprimere in maniera concreta occupandoci (ci pre-occupiamo già abbastanza) di tutte queste azioni positive che ci fanno anche sentire che l’umanità può ancora esistere nonostante tutto e che la solidarietà in queste situazione può davvero fare la differenza.
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